Gandhi, noto uomo politico indiano, nel suo libro "Regime e riforma alimentare", afferma: "Per liberarsi da una malattia, occorre sopprimere l’uso del fuoco nella preparazione del pranzo".

Albert Mosséri

Albert Mosséri
"La pratica dell’igienismo così come io la pratico oggi è venuta per gradi; ho dovuto percorrere numerose tappe, in quanto avevo bisogno di cercare il regime adeguato, le buone idee, cosa non facile. E una volta trovate le soluzioni, le tentazioni esterne e interne sono talmente forti che le cose trovate non si possono applicare a primo colpo. Furono necessari anni e anni di lavoro per poter praticare l'igienismo puro...."

A R C H I V I O

Piu' impariamo le leggi della natura che regolano e governano la nostra salute, meno dobbiamo temere il distruttivo attacco della malattia. A. Ehret

Digiuno e patologie tumorali




 PATOLOGIE TUMORALI



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Nella letteratura specializzata i risultati del digiuno nelle patologie tumorali sono assai controverse: è necessario quindi procedere con cautela e stabilire alcuni punti sufficientemente accertati e condivisi.

Neoplasie benigne
Nelle forme tumorali benigne pressoché la totalità degli autori
riconosce l’efficacia del digiuno, ascrivibile in questa patologia soprattutto al fenomeno dell’autolisi: le cellule delle neoformazioni subiscono un’azione assai simile a quello delle cellule adipose o dei tessuti sovrabbondanti. Sappiamo che, secondo la legge di Chossat, la perdita di sostanza da parte dei tessuti avviene a digiuno in ordine inverso alla loro importanza nell’economia generale dell’organismo: in un primo tempo le cellule delle formazioni benigne subiscono una drastica diminuzione degli apporti nutritivi e in un secondo tempo vengono utilizzate per fornire sostanze nutritive ai tessuti vitali.
Tutte le forme tumorali benigne diminuiscono la loro massa in seguito al digiuno e in modo particolare questo è stato osservato sui noduli di natura benigna del seno, sulle cisti ovariche, sui fibromi uterini, sulle formazioni polipoidi delle vie respiratorie, dell’intestino, delle vie urinarie e dell’apparato genitale, sui lipomi e le formazioni cistiche cutanee, sull’ipertrofia prostatica.
Quando la formazione non è di grandi dimensioni, se ne può ottenere la scomparsa con un solo digiuno, altrimenti, per evitare digiuni eccessivamente prolungati, è necessari ripetere il digiuno una o più volte.
In alcuni testi l’azione del digiuno è stata paragonata a quella di un intervento chirurgico e questo, per alcuni aspetti , può essere giustificato. Tuttavia è bene rendersi conto delle differenze nei risultati e negli atteggiamenti richiesti: il digiuno è un processo naturale i cui risultati non sono mai del tutto prevedibili e quantificabili ed inoltre non lo si deve considerare come un atto risolutivo in sé, che elimini il problema una volta per tutte e definitivamente. Se questo atteggiamento è spesso tutt’altro che giustificato anche in chi subisce un intervento chirurgico, perché è sempre presente il rischio di recidive, di effetti secondari, è bene che esso sia assente in chi affronta col digiuno questa, e qualunque altra, patologia.
Non si deve dimenticare che nel corso il digiuno non è la volontà umana a dirigere i processi riparativi e a determinarne l’intensità, ma il corpo stesso, ed essi potrebbero anche orientarsi in una direzione imprevista, della cui necessità non si è neppure consapevoli.
Diciamo questo per far comprendere che il digiuno è adatto solo a chi ha un orientamento salutista ed igienista, rifiuta l’intervento perché lo ritiene una menomazione dell’integrità del proprio corpo; è convinto degli effetti benefici del digiuno a livello generale e lo intraprende in prima istanza per questo, sapendo che le remissioni di una specifica patologia ne sono solo effetti secondari che si succedono secondo le reali necessità organiche e non secondo la volontà o le aspettative: pertanto non sono programmabili e solo in parte prevedibili; é disposto ad inserire il digiuno in una prospettiva di cambiamento, anche radicale.
Viceversa sappia che il digiuno non fa per lui chi pensa che il modello di vita seguito non abbia nulla a che fare con le malattie.

Neoplasie maligne
Numerosi autori sostengono che il digiuno è indicato in caso di patologia neoplastica maligna, come Rudolf Breuss che dà indicazioni precise per adattare il suo metodo alla leucemia o ad altra forme neoplastiche; e non mancano in letteratura gli scritti autobiografici che vogliono diffondere la personale esperienza di guarigione in seguito al digiuno, come “Ho vinto il mio cancro” di Mounique Couderc.
Una posizione sui generis tiene a questo riguardo Shelton: egli è del parere che, se la diagnosi di cancro è corretta, ogni intervento sia inutile, tuttavia afferma d’avere ottenuto numerose guarigioni in forme diagnosticate come maligna perché è assai alta l’incidenza di errori comportata dalla diagnosi precoce di cancro. Questa opinione di Shelton dovrebbe essere meditata, e rivelerebbe risvolti impensati. Ad esempio, è evidente che una cosa è la diagnosi tumorale fatta su chi ha una patologia cancerosa avanzata, con metastasi e compromissione generale, ed un’altra cosa è la diagnosi fatta valutando in uno striscio, in una biopsia, cellule tumorali. Quest’ultima diagnosi( c’è qualcuno che ne può dubitare?) è esposta ad errori di valutazione maggiori rispetto alla prima: i dati da cogliere sono meno evidenti e più incerti. Inoltre non si può non ammettere una tendenza alla guarigione spontanea molto più alta, essendo la patologia all’inizio. Se chiunque di noi dovesse ammalarsi di cancro non appena nel suo corpo si forma una cellula cancerosa, nessuno potrebbe non ammalarsi: in ogni corpo sano si formano infatti con una certa frequenza cellule degenerate che vengono subito distrutte dai processi autolitici. Pertanto è innegabile che la tanto decantata diagnosi precoce comporta un aumento di interventi inutili( interventi che è eufemistico definire “inutili” dato che sempre hanno profonde ripercussioni e incidono su tutta la vita di chi li subisce, anche perché quasi sempre seguiti da chemioterapia e/o radioterapia) quanto più è precoce. Ma paradossalmente questi interventi “inutili” sono utilissimi ne far lievitare le statistiche delle guarigioni: è evidente che quanto più saranno i sani tra gli operati, tanto maggiore sarà il numero dei guariti.
Noi siamo del parere che il digiuno periodico è una valida arma di prevenzione e, quando il tumore è già insorto( dato per scontato quanto detto a proposito dell’atteggiamento e direi della “filosofia di vita” richiesta: rifiuto dell’intervento, fiducia nei processi spontanei di guarigione ,ecc.) si possono avere buoni risultati quando l’organismo ha conservato una sufficiente vitalità ed integrità, grazie all’attivazione dell’ “autolisi di difesa” ( Vedi: “Eufisiologia del digiuno”)
Quando la patologia è progredita e sono presenti metastasi, le possibilità del digiuno sono, in linea di principio, ridotte: l’integrità dell’organismo è seriamente compromessa, i processi di guarigione possono essere poco efficienti.
Le cellule tumorali in forme avanzate possono addirittura aver sovvertito il normale assetto e preso il sopravvento: lungi dal risentire dei processi autolitici, potrebbero esser loro a trarre nutrimento dai tessuti sani.
Tuttavia a riguardo le nostre esperienze, e quelle dei digiunoterapeuti in genere, sono ridotte: si tratta infatti di patologie gravi in cui ostacoli di vario genere si frappongono al trattamento con modalità diverse da quelle dei criteri ufficiali: mancano le strutture adeguatamente organizzate ed autorizzate.
Siamo convinti che qualora fosse possibile sperimentare il digiuno su volontari con patologie non in metastasi, i risultati sarebbero sorprendenti: ma questo è attualmente praticamente impossibile.