ADATTAMENTI E COMMUTAZIONI
METABOLICHE DEL DIGIUNO
Le riserve del corpo umano
sono veramente notevoli: circa 565.000 kJ (1Kcal=4,184 KJ) sotto
forma di grassi, localizzati in maggior parte nel tessuto adiposo;
100.000 kJ sotto forma di proteine mobilizzabili, localizzate
principalmente nei muscoli; 6700 kJ di energia sotto forma di
glicogeno (questa fonte di glucosio viene esaurita in appena poche
ore). Queste riserve sono sufficienti per consentire una
sopravvivenza di vari mesi. Tuttavia la loro utilizzazione può
apparire problematica e suscitare alcune difficoltà alla
comprensione se si ragiona in base ai normali processi fisiologici e
non si tengono nella dovuta considerazione le modificazioni e gli
adattamenti fisiologici che si verificano durante l’inanizione:
vediamo allora di comprendere come sia possibile la lunga durata del
digiuno.
Le riserve proteiche sono
preziose.
La riserva più pronta a cedere aminoacidi è costituita dalle proteine muscolari. Il loro consumo, superata una soglia di disponibilità, entro la quale i muscoli si comportano da vere e proprie riserve e non risentono in alcun modo della perdita proteica ma acquistano anzi slancio ed elasticità, ha l'effetto indesiderabile di indebolire il soggetto che digiuna. Inoltre le riserve proteiche non sono così grandi come quelle del tessuto adiposo ( che sono più del quintuplo rispetto a quelle protidiche ) e il corpo deve quindi cercare di risparmiarle per assicurarsi una lunga sopravvivenza al digiuno.
La riserva più pronta a cedere aminoacidi è costituita dalle proteine muscolari. Il loro consumo, superata una soglia di disponibilità, entro la quale i muscoli si comportano da vere e proprie riserve e non risentono in alcun modo della perdita proteica ma acquistano anzi slancio ed elasticità, ha l'effetto indesiderabile di indebolire il soggetto che digiuna. Inoltre le riserve proteiche non sono così grandi come quelle del tessuto adiposo ( che sono più del quintuplo rispetto a quelle protidiche ) e il corpo deve quindi cercare di risparmiarle per assicurarsi una lunga sopravvivenza al digiuno.
Ciononostante nel corso dei primi 2-3
giorni di digiuno la proteolisi continua intensa, più o meno come
nei giorni precedenti al digiuno, o può addirittura aumentare il
primo giorno, come indica la perdita di azoto urinario. E dal momento
che non viene introdotto azoto con la dieta questo vuol dire che c'è
una notevole degradazione proteica senza compenso.
Soltanto in piccola parte
questo consumo proteico muscolare serve a fornire aminoacidi per la
sintesi di proteine indispensabili (proteine enzimatiche, proteiche
di tessuti vitali quale il sistema nervoso ecc.) La maggior parte
degli aminoacidi rilasciati dai muscoli è infatti utilizzata per
sintetizzare glucosio attraverso la gluconeogenesi: il corpo
inizialmente cerca infatti di porre rimedio alla scarsità di riserve
di glicogeno, che vengono rapidamente consumate, sintetizzando il
glucosio a partire dalle proteine. Questo avviene perché, mentre la
maggior parte degli organi è in grado di utilizzare diverse fonti di
carbonio (grassi, zuccheri, aminoacidi derivati dalle proteine), il
cervello e il sistema nervoso centrale richiedono invece glucosio
come unica o prevalente fonte di carbonio (ciò è vero anche per
alcuni altri organi come la midollare del rene, i testicoli e gli
eritrociti.)
Il fabbisogno di glucosio del
cervello umano è enorme.
Circa 120 grammi al giorno (che possono ridursi, ma non scendere sotto i 100 grammi) mentre 40 grammi sono richiesti da altri organi: circa 160 grammi di glucosio al giorno sono quindi necessari per il corpo intero.
Circa 120 grammi al giorno (che possono ridursi, ma non scendere sotto i 100 grammi) mentre 40 grammi sono richiesti da altri organi: circa 160 grammi di glucosio al giorno sono quindi necessari per il corpo intero.
La quantità di glucosio che
può essere ottenuta in qualsiasi momento a partire dalle riserve
corporee di glicogeno ( fegato e muscoli) è di circa 190 grammi, e
la quantità totale di glucosio nei fluidi corporei è pari a circa
20 grammi. Di conseguenza le riserve immediatamente disponibili di
glucosio rappresentano all'incirca poco più del fabbisogno
giornaliero.
Durante i periodi di digiuno
che durano più di un giorno il glucosio deve dunque essere
sintetizzato a partire da altre sostanze che si comportano da
precursori. Il corpo quindi sintetizza prontamente glucosio dalle
proteine e a questo scopo vengono utilizzate soprattutto le proteine
dello stesso fegato e dei muscoli: gli aminoacidi che si liberano
dalle proteine muscolari passano nel sangue per poter essere
utilizzati dal fegato e dalla corteccia renale per la sintesi del
glucosio.
George F. Cahill Jr.
dell'Elliott P. Joslin Resarch Laboratory della Diabetes Foundation
ha dimostrato che tra gli aminoacidi che forniscono il substrato per
la sintesi del glucosio da parte del fegato, il più importante è
l'alanina. Oltre all’alanina molti altri aminoacidi possono essere
utilizzati per la gluconeogenesi e vengono chiamati per questo
gluconeogenici. (Solo gli aminoacidi lisina e leucina non formano
durante il loro catabolismo precursori del glucosio, e contribuiscono
invece fortemente alla formazione dei corpi chetonici: sono quindi
aminoacidi chetogenici).
A questo punto siamo in grado
di comprendere una delle principali perplessità di fronte ai lunghi
digiuni: se la decomposizione delle proteine continuasse con la
velocità iniziale, i muscoli scheletrici e le altre fonti di
proteine si esaurirebbero rapidamente ed il corpo non potrebbe
sopravvivere a lungo.
Facciamo alcuni calcoli
approssimativi ma abbastanza indicativi.
Il cervello richiede un rifornimento di energia equivalente ad almeno 100 grammi di glucosio ed il corpo, pur diminuendo la sintesi di glucosio iniziale (160 grammi circa in un uomo di 65 kg) non può scendere sotto questi 100 gr di glucosio senza danneggiare il cervello. Ebbene, anche la sintesi del glucosio corrispondente a questo fabbisogno sotto il quale non si può scendere esaurirebbe rapidamente le fonti proteiche. Infatti, per la sintesi del glucosio con la neoglucogenesi, il corpo solo in piccola parte utilizza i grassi (trigliceridi), che mettono a disposizione come precursori il glicerolo e solo alcuni acidi grassi, quelli a numero dispari di atomi di carbonio: questa via è quindi limitata e può fornire circa 16 grammi di glucosio al giorno. Ne deriva che le proteine dovranno contribuire per 90 grammi circa. Dal momento che per produrre 90 grammi di glucosio il corpo dovrebbe decomporre 155 grammi di proteine muscolari,(da un grammo di proteine possiamo infatti ottenere circa 0,6 grammi di glucosio) questo fatto implicherebbe una perdita giornaliera di azoto di circa 25 grammi(infatti il rapporto proteine-azoto è di 6,25). Poiché il contenuto di azoto del corpo di un adulto ammonta a circa 1000 grammi, e una perdita superiore del 50% di questa quantità è letale, si dovrebbe concludere che l’uomo a digiuno non possa sopravvivere per più di tre settimane.
Il cervello richiede un rifornimento di energia equivalente ad almeno 100 grammi di glucosio ed il corpo, pur diminuendo la sintesi di glucosio iniziale (160 grammi circa in un uomo di 65 kg) non può scendere sotto questi 100 gr di glucosio senza danneggiare il cervello. Ebbene, anche la sintesi del glucosio corrispondente a questo fabbisogno sotto il quale non si può scendere esaurirebbe rapidamente le fonti proteiche. Infatti, per la sintesi del glucosio con la neoglucogenesi, il corpo solo in piccola parte utilizza i grassi (trigliceridi), che mettono a disposizione come precursori il glicerolo e solo alcuni acidi grassi, quelli a numero dispari di atomi di carbonio: questa via è quindi limitata e può fornire circa 16 grammi di glucosio al giorno. Ne deriva che le proteine dovranno contribuire per 90 grammi circa. Dal momento che per produrre 90 grammi di glucosio il corpo dovrebbe decomporre 155 grammi di proteine muscolari,(da un grammo di proteine possiamo infatti ottenere circa 0,6 grammi di glucosio) questo fatto implicherebbe una perdita giornaliera di azoto di circa 25 grammi(infatti il rapporto proteine-azoto è di 6,25). Poiché il contenuto di azoto del corpo di un adulto ammonta a circa 1000 grammi, e una perdita superiore del 50% di questa quantità è letale, si dovrebbe concludere che l’uomo a digiuno non possa sopravvivere per più di tre settimane.
E così hanno concluso, sulla
scorta di simili calcoli, alcuni fisiologici privi di esperienze
dirette: conclusione frettolosa, smentita da numerosi e recenti
studi, oltreché dalle numerosissime osservazioni dei cultori del
digiuno: i digiunoterapeuti hanno osservato numerose volte che
l'uomo può digiunare per periodi assai più lunghi di tre settimane,
non solo rimanendo in condizioni fisiologiche ma ottenendo
miglioramenti delle condizioni di salute.
Ed ecco la spiegazione del
fenomeno.
Il corpo comincia presto a diminuire le sue perdite proteiche e a mano a mano che il digiuno continua una parte sempre maggiore della perdite organiche è imputabile al consumo di grasso corporeo, con un corrispondente risparmio delle vitali riserve di proteine. Se all'inizio del digiuno un uomo medio tenderà a sintetizzare dalle proteine almeno 90 grammi di glucosio, con un consumo di almeno 155 grammi di proteine, dopo i primi 2-3 giorni questo consumo diminuirà rapidamente, fino a ridursi a 10 grammi (o anche meno) dopo 3-4 settimane, con una produzione minima di glucosio dalle proteine: in media non supera i 5-6 grammi. (Il corpo non può infatti fare completamente a meno del glucosio, perché la maggior parte dei tessuti ne ha bisogno per rifornire il ciclo dell'acido tricarbossilico.)
Il corpo comincia presto a diminuire le sue perdite proteiche e a mano a mano che il digiuno continua una parte sempre maggiore della perdite organiche è imputabile al consumo di grasso corporeo, con un corrispondente risparmio delle vitali riserve di proteine. Se all'inizio del digiuno un uomo medio tenderà a sintetizzare dalle proteine almeno 90 grammi di glucosio, con un consumo di almeno 155 grammi di proteine, dopo i primi 2-3 giorni questo consumo diminuirà rapidamente, fino a ridursi a 10 grammi (o anche meno) dopo 3-4 settimane, con una produzione minima di glucosio dalle proteine: in media non supera i 5-6 grammi. (Il corpo non può infatti fare completamente a meno del glucosio, perché la maggior parte dei tessuti ne ha bisogno per rifornire il ciclo dell'acido tricarbossilico.)
Un organismo a digiuno
pertanto dopo 3-4 settimane tende a raggiungere il consumo basale di
proteine, quel consumo cioè sotto il quale l’organismo non può
scendere, a causa dell’inevitabile consumo di materia vivente che
il metabolismo comunque comporta. A riguardo, i dati forniti dai vari
ricercatori differiscono molto, pur confermando tutti il progressivo
risparmio proteico. Nonostante la discordanza dei dati possiamo
affermare che, in un soggetto con caratteristiche medie, è
prevedibile che il consumo proteico sia ridotto, dopo 3 settimane di
digiuno, di 10 volte e anche più.
A questo punto rimane da
capire un fatto fondamentale: come è possibile una decomposizione
giornaliera di proteine così bassa quando, secondo i calcoli
riportati, ne necessiterebbe una quantità più di 10 volte maggiore
per produrre il glucosio necessario a coprire il solo fabbisogno
energetico del cervello? Come si procura il cervello il resto
dell’energia necessaria?
Il fatto si spiega con un
fenomeno di straordinaria importanza.
Molto presto, entro la prima settimana del digiuno, nel cervello avviene una commutazione biochimica e le cellule cerebrali cominciano ad utilizzare come fonte energetica i corpi chetonici, sostituendoli al glucosio. Quindi si può ridurre enormemente la demolizione proteica per produrre glucosio. Fu Cahill che scoprì che il deficit di glucosio era compensato da una fonte sostitutiva di energia, derivata dai grassi: i corpi chetonici, appunto. Il sangue dei soggetti digiuni mostra infatti un aumento dei corpi chetonici: acido acetacetico e i suoi derivati, acetone e acido beta-idrossibutirrico, ed il cervello si adatta a questi substrati energetici. Ricercatori dell'università di Oxford hanno in seguito dimostrato che il cervello è dotato del meccanismo enzimatico necessario per utilizzare i corpi chetonici.
Molto presto, entro la prima settimana del digiuno, nel cervello avviene una commutazione biochimica e le cellule cerebrali cominciano ad utilizzare come fonte energetica i corpi chetonici, sostituendoli al glucosio. Quindi si può ridurre enormemente la demolizione proteica per produrre glucosio. Fu Cahill che scoprì che il deficit di glucosio era compensato da una fonte sostitutiva di energia, derivata dai grassi: i corpi chetonici, appunto. Il sangue dei soggetti digiuni mostra infatti un aumento dei corpi chetonici: acido acetacetico e i suoi derivati, acetone e acido beta-idrossibutirrico, ed il cervello si adatta a questi substrati energetici. Ricercatori dell'università di Oxford hanno in seguito dimostrato che il cervello è dotato del meccanismo enzimatico necessario per utilizzare i corpi chetonici.
La condizione detta chetosi,
cioè accumulo di chetoni nel sangue e loro presenza nelle urine e
nell'aria espirata (acetone), è praticamente sempre presente durante
un digiuno che si prolunghi per qualche giorno ed è sempre stata
paventata come condizione patologica: uno dei fatti addotti per
dimostrare gli effetti dannosi del digiuno è proprio la presenza
della chetonemia, la quale è associata, in circostanze diverse, a
fenomeni patologici (acetone dei bambini, diabete scompensato) e
comporta la tendenza alla acidosi metabolica.
Però nel digiuno la
chetonemia non è un fatto patologico ma un adattamento biochimico
fondamentale assicurare una lunga sopravvivenza.
Quando, dopo pochi giorni di
digiuno, i corpi chetonici (in particolare
l'acido-beta-idrossibutirrico) raggiungono nel sangue la
concentrazione sufficiente, viene infatti attivato nel cervello il
meccanismo biochimico dei chetoni, in seguito al quale quasi tutte le
necessità energetiche del corpo saranno sostenute dai grassi, da cui
i corpi chetonici derivano: e così il consumo proteico comincerà ad
abbassarsi fino a diventare poco più alto del ricambio di base.
L'adattamento al
metabolismo dei corpi chetonici determina non solo risparmio sulle
proteine muscolari e di altre riserve, che non sono più demolite per
sintetizzare zucchero per il cervello, ma anche risparmio sul
consumo di proteine enzimatiche.